lunedì 23 gennaio 2012

top five

forse ci sono (con la nuova storia intendo) e siccome ascolto musica quando scrivo, ho pensato anche alla  top five per il mio funerale (porta bene)

1) Forbidden colors, D. Sylvian
2)Direzione ostinata e contraria, De André
3) Le vents nous portera, Noir Désir
4)Ashes to Ashes, David Bowie
5)Pride, U2

Ma ho tutto il tempo per cambiare idea e la mia storia è divertente, non cominciamo a criticare...





Non ho scuse

sono seduta su una comoda sedia Miller, quella dei telefilm, ho davati a me un portatile Apple, perché questo è l'hanno in cui mi sono convertita al marchio (in realtà il computer non è mio, ma sono convintissima ugualmente), ho davati a me una bella vista in una giornata di sole, con  me ci sono solo due gatte che dormono e non ho più scuse. Devo cominciare.
A proposito di cominciare o ricominciare con un libro, ho parlato con Pupa (Coming out, Nutrimenti) oggi, anche lei totalmente incapace di ricominciare a scrivere se non le solite quotidiane cazzate come me, e io,  che sono bravissima nella teoria, le ho detto che a parte i dispiaceri, a parte tutto quello che potevamo fare meglio e non abbiamo fatto, è ora di ricominciare. Questo è il giorno in cui comincerò a scrivere il mio prossimo libro. Dai Pupa, io vado avanti ma tu, seguimi.

Su questo blog gli aggiornamenti sulla lavorazione.

mercoledì 18 gennaio 2012

Argomenti che riempiono pagine

attraverso la pagina fb di Saturno mi sono imbattuta in una questione: gli scrittori stranieri italofoni non vincono premi, non solo, verso gli scrittori stranieri esiste uno strisciante razzismo per cui a loro non viene riconosciuta cittadinanza letteraria. A parte la considerazione facile secondo cui non si può mai parlare di letterature senza polemiche (un po' come per il festival di Sanremo...) mi sono letta diligentemente l'intervento prima di Padoan e poi di Scego come mi aveva invitato a fare Valeria Fiume della redazione di Saturno. Lo so che è complicato trattare questi argomenti senza essere fraintesi, ma ci proverò lo stesso. A me non pare una questione di cittadinanza letteraria, mi pare un problema  legato al sistema editoriale e non c'è da parte mia alcuna critica al sistema, non avrei titoli, ma solo una personalissima analisi;  funziona il personaggio e funziona quanto e più disposto ad alimentare o a fomentare polemiche. A dividere, si usa dire. Perché la regola secondo cui siamo un paese di tifosi vale anche per il mercato editoriale. Così non si può essere dalla parte giusta senza definire la lettura degli scrittori italofoni stranieri grandiosa tout court. Come se rappresentassero genere a parte e più si soffia su questo tipo di argomenti, più diventano ovviamente, genere a parte. Ci sono scrittori italofoni stranieri bravi (Igiaba Scego lo è e come lei molti altri) e ve ne sono altri che pubblicano perché stranieri, ovvero perché  personaggi. Potrei fare i nomi, ma non ho voglia di farmi nemici perché tutti (o quei pochi che seguono le uscite dei libri) sanno chi sono. E questo vale per gli scrittori italiani in generale, dove io ambirei si autoiscrivessero senza attendere patenti. Ornela Vorpsi, che sempre viene citata in questo genere di articoli, ha scritto due libri (uno l'ho letto e mi è  piaciuto, il primo) esilissimi, ma davvero qualcuno crede che Einaudi avrebbe pubblicato quella storia o meglio, una storia di quel tipo, se non fosse stata prima pubblicata da Actes Sud? Paradossalmente, mentre Ornela Vorpsi è facile trovarla in tutte le librerie italiane, sarà un caso, ma a me non è mai capitato di vedere un suo libro in una libreria parigina. Pur essendo conosciuta per essere la scrittrice albanese, che scrive in italiano ma vive in Francia, paese del suo primo editore. Questo tipo di "fortuna" (non so onestamente quanto l'essere citati negli articoli corrisponda a una fortuna nelle vendite) ha lo stesso  tipo di casualità che è possibile applicare per la fortuna di un autore italiano, a volte un bravo autore pubbica e ha successo, a volte no. A volte l'autore coincide con  il personaggio, a volte no. Non c'entra nulla il razzismo editoriale. C'entrano molte altre cose, ma non il razzismo editoriale. Sono solo argomenti per riempire pagine.

venerdì 13 gennaio 2012

Copertine in crisi

Non credevo che l'avrei detto, ma le librerie sono diventate dei luoghi tristi, a Parigi mi sono resa conto che sono frequentate solo da over quaranta, in grande maggioranza donne, quindi  faccio parte di una nicchia. Non è l'essere di nicchia che mi preoccupa ovviamente, ma il non essermene accorta per tempo. Ora, potrei scomodare tutte le teorie secondo le quali il libro non cesserà mai di esercitare il suo potere seduttivo, se non altro perché non ha bisogno di corrente elettrica per essere alimentato. Sì, va bene. Ma voglio davvero difendere il libro? No, perchè io pure preferisco scegliere da un catalogo online e trovare i miei titoli da caricare direttamente sul lettore.

Durante le feste sono entrata in una Feltrinelli, ho comprato il nuovo libro (non è proprio nuovo ma non l'avevo ancora comprato) di Nicole Krauss, avevo intenzione di comprarlo e l'ho fatto poi ho cercato di farmi convincere dalle facce dei libri esposti. Ho avuto una sensazione di cricche pure sugli scaffali, nulla a che vedere con "qui è tutto un magna magna",  niente fraintendimenti, è che ho trovato come delle cordate da scaffale: c'erano gli autori americani di moda, c'erano gli editor italiani, che sono gli stessi che pubblicano gli autori americani di moda (insieme al libro della Bignardi...vai a capire), poi c'erano i libri dei "televisivi" o dei  "personaggi", quelli che non riesci a capire se è venuto prima il libro o la tv.
Nulla di strano, il mercato editoriale, dicono i bene informati, è talmente ai minimi termini, che un televisivo permette di pubblicare dieci bravi. Meglio così.

Quello che ho trovato veramente  strana è la nuova bruttezza dei libri, non mi riferisco ai contenuti; ho uno strano modo di scegliere e acquistare che  certamente fa riferimento alle mie irrefrenabili spinte ribelli e infantili; non compro mai ciò di cui si parla bene, ciò che vende troppo, ciò che dovrei comprare e se lo faccio,  lo faccio dopo molto tempo, naturalmente spesso sbaglio, no, non spesso se devo essere sincera, ogni tanto.

Il libro della Krauss per esempio ha una copertina orrenda, ma per trovare una copertina convincente ho dovuto lottare, ho capito che se un autore ha un nome la copertina è in automatico brutta, se il nome non ce l'ha, deve avere la fortuna di essere pubblicato da Einaudi (in primis per farselo e in secundis per avere una veste grafica mediamente accettabile). Ora non ditememi che pure per copertine è colpa la crisi. Solo Neri Pozza si è sottratta al mio sconforto, anche la scelta delle proposte mi è sembrata più ricercata. Secondo me si può fare una lettura della realtà attraverso la crisi. E' diventata la giustificazione di ogni mancanza di buon gusto e buon senso e non si sottraggono neppure i libri, ovviamente.


Hemingway è lì per esegnalare che anche gli altri sono libri?