domenica 23 giugno 2013

non mi è mai piaciuto

(...)
“A me quello non è mai piaciuto”, mi dirà e ridirà in loop, come se contasse ancora qualcosa.
“Neanche tu le sei mai piaciuta”. Non è vero, è il mio modo per farle un po’ male e soprattutto per farla star zitta.
“Se ci pensi bene, era logico che facesse così”.
“Io non ci penso proprio più, non è meglio?”
“No, ci pensi, ci pensi, ci pensi, io lo so”.
Tu sai sempre tutto, soprattutto con un bicchiere in mano, vorrei dirle, ma non glielo dico. (...)

sabato 22 giugno 2013

dormi


(...)
“Mi dà anche quegli sfilatini signora?”
“Sì certo, guardi, questi li facciamo noi.”
“Perché, questo non è un forno?”
“Certo signora è un forno, perché?”
“No, dico, immagino che in un forno sia normale che il pane sia fatto…in casa, ecco.”
“Sì ma questo è pane speciale, una miscela di farina di cereali che noi compriamo così e impastiamo.”
Va bene signora, chi se ne frega, vorrei dirle, e perché lavorate miscele di farine di cereali integrali già pronte? Invece le dico: “Ah, bene!”. E poi torno a casa. Ho tutto quello che mi serve adesso, anche quello che non mi serve, come una camicia da notte avorio nel cassetto.
Tutte le volte che l’ho indossata, fatta scivolare, stropicciata, accarezzata. Non è una camicia da notte come le altre, sono io quegli anni. Era le notti in cui mi teneva al fresco, mi prometteva amore. Quelle cose. Che poi finiscono e te le dimentichi, per fortuna te le dimentichi. Così almeno dormi.(...)

venerdì 21 giugno 2013

sottovuoto


(...)Mi guardo intorno piano, come se potessi rimediare uno schiaffo per ogni oggetto identificato che avevo dimenticato. Vorrei andare via e non mi sono neppure tolta le scarpe.
Faccio la prova per vedere se c’è polvere con il dito sul comodino, ma non ce n’è un solo granello, è come se tutto fosse stato conservato in atmosfera modificata, sottovuoto. In un buco spaziotemporale pronto risucchiarmi per vendicarsi dell’abbandono. Ma non sono un tipo facilmente impressionabile, ho fame e non devo neppure rimettermi le scarpe per uscire. (...)

giovedì 20 giugno 2013

la camicia da notte avorio

 
Non trovo giusto che le cose continuino ad esistere anche quando noi non ci siamo, anche quando le abbandoniamo. Dovrebbero sparire come spariscono alla nostra vista e se non si può fare con le persone, dovrebbe essere così almeno con le cose. Invece loro restano lì, dove le hai lasciate e anche se te le eri scordate, loro non si sono scordate di te e ti aspettano.
Certo ci sono gli incendi, i terremoti, le guerre e le devastazioni. Ma la statistica protegge la maggior parte delle nostre cose. E aveva protetto la mia camicia da notte, quella lunga fino alla caviglia, di raso pesante avorio, con lo scollo a vu e senza maniche, taglio impero e leziosa, ma non troppo. Che quando la indossavo sentivo la carezza sulla pelle e qualcuno che mi sussurrava nell’orecchio: “wooow”, anche se non c’era nessuno, anche quando non c’era nessuno. (...)