lunedì 24 febbraio 2014

Strategie contro la crisi

(…)La stazione di Barbés non è esattamente nel quartiere più chic di Parigi però è a poche centinaia di metri da Anvers e non lontana da Abbesses. Eppure ero nel nord Africa, che poi era come essere a casa. Mi chiedevano pure se volevo comprare sigarette all’uscita della metro di Barbés, per una nata nella provincia di Brindisi era come la madeleine di Proust. Mi piaceva, era casa. In rue Saint Denis una volta una bella ragazza nera a cui avevo chiesto una indicazione mi chiese se poteva farmi una messa in piega, scherzammo un po’ sull’aspetto che dovevo avere per farmi una proposta così in mezzo alla strada, ma alla fine accettai e mi ritrovai attraversando una porta, proprio in  Africa  e non intendo in un rihad,  in un aranceto o palmeto, in   un luogo da sogno, no intendo proprio in un posto brutto, sporco e che odorava di cibo stracotto che altre ragazze  consumavano, ignare della presenza di una cliente nel salone, oddio salone è troppo…
Uscii da lì con i capelli inamidati forse anche idrorepellenti. Ma quella era già un’altra Africa, più nera, a Barbés c’erano venditori marocchini, telefoni craccati e borse contraffatte, un suk di un sud qualsiasi; Napoli, Bari o Tunisi. A Bari no, ora si offendono se scrivi queste cose.

Possibile che con la crisi, la disoccupazione, i negozi che nel 2011 in quel quartiere chiudevano uno dopo l’altro, la preoccupazione predominante fossero le corna? Perché il Professor Moro e Charles, dai loro volantini, promettevano anche la soluzione di altre controversie, ma dopo, in subordine. E soprattutto poteva esserci a Parigi, sia pure a Barbés, qualcuno che credeva all’intervento di un mago per riavere l’amor perduto? Quel volantino, con qualche variante piccola e impercettibile, me lo trovavo in mano tutti i giorni e tutti i giorni guardavo il boulevard Barbés che pullulava come un formicaio di formiche povere e mi facevo esattamente la stessa domanda, incredula.

Poi un giorno sulla mia pagina di facebook è comparsa una pubblicità: Vuoi tornare con lui o andare avanti? Chiedilo al Coach. Così mi sono messa l’anima in pace, insomma, la storia è sempre la stessa e pure il mercato, coach o maghi, l’importante è che  vendano soluzioni non troppo costose. E riconquistare l’amore, soprattutto quello che non ti vuole, soprattutto se non ti vuole, soprattutto perché non ti vuole, è fonte di vita e di reddito, evidentemente. Io ero un’esperta potevo fare la maga o il coach. La maga no perché ho un residuo di formazione razionalista che più che razionale mi rende rigida e mi ha sempre donato un forte senso del ridicolo grazie al quale ho perso occasioni uniche quindi, potendo, la mia formazione la modificherei anzi la ribalterei, ma qualcosa da fare ancora c’è. (…)

sabato 22 febbraio 2014

Spazzatura d'artista.

La notizia della donna delle pulizie che ha buttato l'opera d'arte continua a girare pur non essendo freschissima, sui giornali, i social e la stampa straniera eppure anche se sembra non ricordarsene nessuno, non è la prima volta che succede. E' accaduto, e non è stata neppure l'unica volta, anche con un'opera di Damien Hirst in una galleria londinese e l'opera si presentava, almeno a sentire la descrizione, in modo non dissimile: bottiglie  di birra e, nel caso di Hirst, un posacenere sporco.
Ma perché fa tanto scalpore? Io credo che le ragioni siano due, incrocia il pensiero che abbiamo tutti, o almeno tanti, sull'arte contemporanea, che per la maggior parte dei casi è spazzatura e che "questo lo potevo fare pure io" insieme al senso di colpa per la  mancanza di cura che dedichiamo all'arte e alle opere d'arte. Io l'opera in questione non l'ho vista, quindi diamo per scontato che non meritasse una passata di straccio. Eppure sarebbe interessante sentire l'artista che, mi pare, nessuno ha interpellato, può anche essere che l'azione della donna delle pulizie,  dal punto di vista dell'artista, possa rappresentare il compimento dell'opera a parte il valore dissipato per sempre (ma si parla di un'assicurazione). Oppure il valore dell'opera è nullo proprio perché la donna delle pulizie non ne ha riconosciuto il senso.
Una cosa è certa, nel sistema c'è stata una falla che però ha generato una storia e un senso diverso da come era stato concepito. E senza questo incidente Paul Branca sarebbe rimasto un artista semisconosciuto. Ditemi che mi sbaglio.

venerdì 14 febbraio 2014

Bologna degli addii


La città degli addii l’ha definita Luca Carboni, per via dei tanti addii che ha dovuto dare Bologna in questi anni, Bologna è spesso legata a sentimenti di addio o di nostalgia, forse dipende dal fatto che essendo una città universitaria, in tanti ci hanno passato anni che, per quanto si tenti di rincorrere o dilatare oppure espandere, non tornano. Anche Enrico Brizzi (credo sia ancora da considerare relativamente giovane) parlando di Bologna diceva che a chi gli dice che Bologna non è più la stessa, lui risponde: “Ma perché, tu credi di essere lo stesso di quando avevi 20 anni?”. Credo che la risposta sia questa, anche a Carboni. Non è che una città diventa la “città degli addii”, è che inizia una fase della vita in cui gli addii si fanno più numerosi degli incontri. Però fa tristezza. Su questo ha ragione Luca Carboni. Di quella Bologna, quella lì, di quel Dams e di Freak Antoni, a essere sincera non c’era più traccia da decenni, ma forse perché anche io no non sono più quella, per fortuna. Ciao Freak

lunedì 3 febbraio 2014

Grillo mi ha reso simpatica la Boldrini


Siccome non ho mai avuto simpatia per la Boldrini (come francamente non ne ho per Augias) mi sono astenuta dal commentare la sequela di atti di teppismo messi in fila in questi giorni da Grillo e i suo sodali (Il Fatto e i sui giornalisti à la page) soffrendo un po’ perché in tutto questo tempo non ho fatto altro che pensare; ma tu guarda se quell’idiota di Grillo e quegli stupidi dei grillini mi devono rendere simpatica la Boldrini e addirittura Augias (Bignardi e Sofri, padre e figlio, mi piacevano pure prima). Ma poi nel pomeriggio di oggi sono cominciati a piovere sui social una serie di distinguo rivoltanti e poi di nuovo quella storia che prima quando a essere insultate erano le ministre del Pdl, siamo state zitte.
Allora, a parte il fatto che la questione delle due ministre e delle loro abilità orali dispensate al capo, diciamo così, l’hanno tirata fuori quelle intercettazioni che prima di andare distrutte sono state ascoltate e commentate da chi le ha diffuse (mi viene in mente Guzzanti padre, ma non credo sia stato l’unico), davvero l’unico modo per respingere il sessimo è dire: ma sono altri i problemi che abbiamo? La parola benaltrismo non vi dice niente? E vi piace?
Ma davvero tutto quello che sappiamo fare, come paese intendo, è cercarci un  uomo  spaventoso dal quale farci felicemente inculare? E allora viva la Boldrini, tié.