domenica 30 settembre 2012

Ordiniamo lo stesso.


(...)Salutai  Fred di Flash, e mi misi in silenzio alla ricerca di un posto dove mangiare.
 Non so se capita solo a me,  l’entusiasmo spesso riesce a rendermi triste. Mi fa sentire terribilmente sola, non mi contagia neanche un po’, vorrei solo dire: ma che cosa avrai mai da essere così eletttrizzato, così sorridente, così curioso? Che ci trovi di divertente?
Ma anche Pietro era così e devo ammettere che un po’ aiuta avere una persona che non è lamentosa vicino, aiuta, solo che la tristezza di una persona tendenzialmente di buon carattere e buon umore può essere devastante. Inattesa e tagliente. Pietro dopo la visita a Flash era diventato silenzioso.
-Cosa vuoi mangiare?
-Non so, non ho molta fame.
-Belle le moto di Fred!
-Sì belle, ma le tue sono più belle.
-Solo che loro hanno un marchio e una rete di vendita e promozione, nel settore sono conosciuti, io mi conosco da solo.
-Ordiniamo?
-Sì, ma non ho fame.
-Ordiniamo lo stesso.
E’ sempre un buon sistema mettere una persona infelice a tavola, un buon piatto mette di buon umore, almeno aiuta. (…)

giovedì 13 settembre 2012

Assange e Il Nescafè

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Ho un paio di convinzioni. Neppure troppo originali, ma le ho. Ad esempio che la vicenda Assange dimostra che le teorie del complotto sono quasi  sempre false, proprio perché la sua storia è l’eccezione che conferma la regola. Ricercato da tutte le polizie del mondo per aver stuprato e molestato (forse) una o (forse) due donne (e non per aver mostrato le mutande sporche di qualche super potenza?), che la pasta brisè pronta fa schifo (considerando che per prepararla ci vogliono davvero 5 minuti ma l’operazione richiede l’uso di ingredienti che sporcano troppi utensili) e che il capolavoro contemporaneo del marketing l’ha realizzato la Nestlè con le sue capsule del Nescafè. Il caffè che distribuiscono impacchettandolo e vendendolo con un packaging degno di Tiffany in negozi che sembrano Tiffany (“da Tiffany non può accaderti nulla di male", no?) alla fine ti convince che se non fai parte di quel club, non sei nessuno e che ci caschino i parigini io posso pure capirlo visto la qualità del caffè in commercio, ma che ci siano cascati pure gli italiani, lo capisco meno. E poi, l’illuminazione; quello di far parte di un club riservato agli iniziati (intensità 3, intensità 8 e amenità di cui si discute negli store Nescafé facendo la parte dei grandi intenditori con commesse che se la tirano come se fossero le designer di Tiffany N.Y, non le commesse) è solo il primo livello. La verità è che la capsula Nescafé ti fa sentire figo, ma soprattutto ti libera dall’obbligo di dover lavare la caffettiera (come per la pasta brisè) che poi il caffè sia orrendo e, considerando la qualità, costosissimo, è davvero secondario. Ne deduco che per un successo commerciale che sia tale la soddisfazione deve essere a più livelli,  devi sentirti parte di un club esclusivo ma soprattutto, non devi sporcare e lasciare la tua cucina sempre lucida  e pronta per uno spot.

lunedì 3 settembre 2012

c'era una volta la DDR






Ringrazio dio tutti i giorni per avermi resa libera da impegni  familiari da giovane, lo ringrazio per avermi resa libera da ogni tipo di impegno lavorativo e sociale, lo ringrazio tutto i giorni, la mattina presto e poi mi resta un sacco di tempo per continuare a farlo.
Ieri mi ha chiamato la mia maestra elementare, sì, la mia maestra elementare, sembra incredibile, ma era proprio lei.
-Ciao solo Francesca!
-Francesca chi?
-Francesca Berti, come non mi riconosci?
E certo io sto tutto il giorno a pensare a te, sono quarant’anni che penso a te mane e sera, neppure mi ricordavo di averla mai avuta una maestra delle elementari, neppure mi ricordo di esserci mai andata alle scuole elementari, anzi, ora mi ricordo brutta stronza, le avrei detto.
Invece le ho detto:
-Ciao Francesca, come stai?
Ma non c’è stato verso, era di me che voleva sapere, e come stai e che fai e dove lavori e di preciso di cosa ti occupi. Ma che ti frega, le avrei risposto. Invece ho risposto da brava bambina, inventando qua e là, perché non ero neppure del tutto sveglia e perché le domande erano troppo difficili. E mica mi sono scordata che mi hai fatto scrivere una pagina intera di: io vivo sulla luna, brutta strega, le avrei detto. Ma poi le ho detto: che bella sorpresa, che piacere sentirti.
Mah, mi detesto quando faccio quella carina, ma non lo faccio apposta è un riflesso condizionato. E poi se sparo baglio la mira, tanto.
Comunque ieri la giornata è cominciata così, è un avvenimento, una cosa da scrivere da far sapere, il mio riflesso di relazioni costruite nel tempo che dilata e illumina il presente.  Ma per piacere. Francesca Berti. Una matta, pure lei.
Che poi matta non vuol dire nulla, lo so, solo una maniera per descrivere qualcuno che non merita troppo tempo. Come me. Lo dico solo per non apparire megalomane, io merito più tempo e attenzione della Berti.
Che poi certe telefonate le capisci dopo, non sono telefonate ma interrogatori e lei lavora ancora per la Stasi. Senza mai essere stata comunista, per capacità di metodo.