Ci sono persone che sembrano scamparla sempre. Comunque vada per loro c’è un giubbotto di salvataggio pronto, una coperta morbida, tante scuse e pacche sulla spalla. Ci sono fottute teste di cazzo costantemente risparmiate dal conto. Bruciano la casa e si mettono in salvo, con i vicini che portano loro cibo e conforto. Ci sono dannatissime teste di minchia che mandano treni in corsa verso il baratro e riescono sempre a scendere un minuto prima. Ci sono persone così, non tirate fuori per l’amor di dio storielle come quelle secondo cui non bisognerebbe mai giudicare la vita altrui perché sai, in fondo non puoi mai sapere come procede una vita se non è la tua perché, non è vero. Ci sono persone così. E non sono neppure poche. E vorrei solo sapere come cazzo fanno a non rimetterci mai niente, una ruga o una piega del vestito, neppure una minuscola goccia di sudore. Lasciando sempre e per sempre queste scocciature ad altri (…)
venerdì 27 luglio 2012
venerdì 20 luglio 2012
Tantum Rosa da bere
La pubblicità del Tantum Rosa è talmente imbarazzante (per
chi l’ha concepita, realizzata e pagata) che mi ero persa il bollino: “Non
bere”. No, dico, c’è qualcuno che beve bustine di Tantum Rosa?
E come se ne sono accorti? Qualcuno, un giorno (una tantum
rosa) ha fatto causa all’azienda? Qualcuno ha tentato il suicidio con il Tantum
Rosa? E io che credevo bastasse vestirsi di rosa per non sentire più quel
“prurito intimo” che a me fa pensare a tutt’altro.
Oppure qualcuno l’ha scambiato per un viagra rosa da prendere
una tantum e l’ha bevuto. Insomma qualche feedback l’azienda per mettere quel
cazzo di bollino: “Non bere”, deve averlo avuto. Quanto vorrei sapere come è
andata, quanto.
mercoledì 11 luglio 2012
Caldo e silenzio stampa
Per le strade c’è un silenzio lunare. Lo avverti da fuori,
si trattiene il fiato prima di uscire. E poi si aspetta l’ondata di calore. Non
si può neppure dire che l’ondata non arrivi. Fa caldo. Tutti lo dicono, tutti ne parlano. “Si muore oggi!”, diceva una vicina
prima di entrare in casa. E sì. Condizioni climatiche estreme, signora mia. E’
tutto un’emergenza, allerta, allarme e poi ci sono gli spiritosoni che battezzano “le
ondate di aria calda”, “le tempeste di calore”; Caronte, Minosse e poi l'altro non me lo ricordo, ma poi Minosse che c'entrava col caldo? Vorrei sentir parlar meno del caldo e poi è come per le ossessioni,
passano solo quando e se cominci a pensarci di meno. Non ne parliamo più. Chiedo silenzio stampa sul caldo, sull'emergenza caldo, sull'allerta caldo e pure sull'allarme caldo. Scccccccc
martedì 10 luglio 2012
Camilleri è un genio, Carofiglio vice genio.
Sto vedendo The Wire. Chi se ne frega? No invece, è bello
davvero. Ne vale la pena. E’ quel genere di cose che spazzano non dico i film
italiani degli ultimi dieci anni ché neppure li prendo in considerazione, ma
decenni di narrativa autonominatasi al nichel.
Guardando le serie tv americane si capisce che gli sceneggiatori
sono lettori raffinati; Lost è pieno di citazioni e i detenuti di The Wire leggono il Grande Gasby, ma gli autori
contemporanei i serials americani li guardano? E allora come cazzo è che
scrivono ancora di sole, cuore e amore e poliziotti buoni?
Dice; ma quella è l’egemonia culturale dell’ultimo
ventennio, le esternazioni dalla stanza del dolore di Vasco Rossi sono l’apice
dell’avanguardia culturale. Camilleri è un genio, Carofiglio vice genio.
Wu Ming vende 3000 copie. Wu Ming? Allora io non posso
neppure lamentarmi. Dalle pagine di Facebook le case editrici ormai chiedono di
tutto, cose vorresti da un libro, cosa faresti leggere a tuo figlio dei libri
che hai letto da bambino? Così in un
colpo risparmiano le indagini di mercato e se tutto va bene pure i
diritti d’autore; il risparmio è tutto. E poi questi autori, non solo li
pubblichiamo e non li vendiamo, si lamentano pure. Affidiamoci ai classici.
Non è che non si legge più, è che non è più divertente
perché non si impara più niente.
giovedì 5 luglio 2012
Stratford
-Domani vai Stratford, c’è un coso, un negozio, una specie
di Ikea dell’abbigliamento, Primark, e mi compri i pantaloni per il lavoro,
costano cinque sterline.
-Ma, non possiamo andare insieme, domani, quando finisci di
lavorare?
-No, non voglio
andarci, vacci tu, non hai niente da fare domani, e comprami pure le calze, poi,
vicino, ci dovrebbe essere un’ikea dei profumi, comprarmi il mio deodorante,
che da Tesco non lo trovo più.
-L’unica cosa che
ricordo di Stratford è che è meglio non andarci.
Silenzio.
Ma sono informazioni di un’altra vita e comunque ci vado, lui
lo sa che ci sarei andata. Invece di trovare la stazione di metropolitana di
Mile End mi ritrovo a Limehouse e non sono più a una fermata da Stratford e non
so dove andare, chiedo e mi ritrovo a Canary Warlf, non so come, né perché ma
incrocio la Jubilee line e arrivo a Stratford.
Olimpic Park, leggo da qualche parte. Ah ecco, forse per
questo è diversa da come la ricordo. Ma come la ricordo? No, non la ricordo,
cose che si leggono, si sentono: a Stratford meglio non andarci, come a Mile
End, dove ora vivi tu. Non è male Mile End, cioè dietro casa tua c’è un canale,
con i cigni, un parco, un po’ trascurato per gli standard londinesi, ma c’è un
parco e poi quelle casette tutte uguali e brutte, eh sì, decisamente brutte, ma
ordinate e con quei cassonetti verdi e viola,
hanno gusto i londinesi, non ho
mai visto cassonetti verdi abbinati a quelli viola, bisogna avere un certo
senso estetico, dai. E poi non c’è un negozio appena ti allontani dalla
stazione della metropolitana. Mi immagino cosa doveva essere negli anni ’80. Un
quartiere di operai sopravvissuto alla rivoluzione industriale? E ora, tu che
ci fai lì? Abiti in uno dei due unici edifici a più piani in quel quartiere di
casette basse e dalla tua finestra io vedo
i grattacieli di Londra, la sera è bellissimo, le casette scompaiono e
la City è lì. Ma non sei un tipo da City of London, non lo sei mai stato.
Perché poi?
Non ho trovato nulla a Stratford che somigli a un posto,
l’unico, mi avevi detto, in cui ci fosse
un negozio di vestiti a poco prezzo. Stratford è un casino di negozi a poco
prezzo a tanto prezzo, Stratford è un negozio grande quanto una metropoli, è il
centro commerciale più grande che abbia mai visto, dove li trovo i tuoi pantaloni,
proprio quelli, a 5 sterline?
Quand’è che sei diventato così ermetico? Quando ha
cominciato a divertirti dicendo le cose come se fossi il depositario di un
segreto di stato irripetibile? Quando? E fa freddo e non ho vestiti adatti.
-Non potevi vedere il meteo prima di partire?
-Ti costava dirmi che faceva freddo anche se è giugno e a
casa ci sono 40 gradi?
Sei raffreddato, mi spiace, ma non del tutto. Sei molto
raffreddato. Così impari.
Un po’ te lo meriti di soffrire, tutte le persone a cui piace
soffrire, in generale, se lo meritano. Io non mi merito di stare qui a
Stratford a cercare Primark, quel Primark, proprio quello, in un mare di
Primark diversamente detti, nel centro commerciale più grande d’Europa, perché
ora mi ricordo, questo è diventato Stratford e tu non me l’avevi detto. A volte
sembra che tu abbia sempre vissuto lì invece che in quel paese pulcioso e
microscopico, non posso credere che tu mi dica vai lì e poi trovi Primark come
se mi dicessi, all’angolo di Pulcilandia trovi un negozio di alimentari. Perché
tu ci conti sul fatto che io vado, vedo e vinco. Sono le tue sfide del cazzo.
So che puoi farcela, perché sprecare parole? Perché così fanno le persone che
ti vogliono bene, cercano di aiutarti, soprattutto se devono fare qualcosa che
aiuti te.
Ci arrivo da Primark, ci arrivo. Il reparto uomo è al piano
interrato ma non un piano interrato come un piano interrato, è una immensa
piazza fatta a piano interrato. Ti odio sempre di più.
Ho trovato i tuoi pantaloni, costavano dieci sterline, non
cinque. Con le calze è stato più facile, 2 sterline al mazzo e poi, dopo il
primo lavaggio, cosa ne fai?
-Non pensi mai che se la roba costa così poco. qualcuno ci
rimette?
-E cosa dovrei fare, spendere di più per solidarietà?
-Non lo so, ma qualcosa secondo me si può fare.
Silenzio.
Non trovo le casse, solo vie d’uscita, allora chiedo, il
commesso mi guarda un po’ stupito e me le indica. Non c’era Primark l’ultima
volta che io ero a Londra e nessuno mi ci ha mandato o non me lo ricordo, insomma,
devo sapere per forza dove sono le
casse?
Effettivamente sono una esperienza a parte. Anzi è lì che
comincia. La fila per le casse da Primark è una serpentina infinita, un cliente
distratto potrebbe scoraggiarsi, ma poi si accorge che scorre e che lo shopping
deve ancora cominciare.
Infatti compro un turbante viola di spugna che non so a cosa
serva e dei bigodini autoreggenti (sì, come le calze) che non userò mai perché
non ho mai usato i bigodini in vita mia, ma costano una sterlina. E un
piegaciglia che non so usare e anche un gloss, quello magari lo uso, ma ne ho
una quantità sufficiente per tutte le ragazze di Londra. Ma costa una sterlina.
E un mascara che non userò perché il mascara scadente mi fa lacrimare gli
occhi. Ma costa una sterlina. E alla fine della fila ho speso molto di più di quando ho deciso di pagare e capisco che
era così che doveva andare, la noia, l’attesa, la folla che ti da l’impressione
che se non compri ti perdi qualcosa e poi, costa una sterlina. Effettivamente
se fossi venuto con me, non mi sarei divertita tanto.
Su facebook un mio “amico” descrive l’emozione provata nel
rivedere la figlia dopo una separazione di 10 giorni, la prima separazione da quando è arrivata. E parla anche dell’emozione della figlia nel rivederlo. Racconta sempre dell'amore per la sua bambina, senza essere stucchevole. Rimpiango di essere stata troppo giovane e troppo preoccupata per
sentire che l’amore tra di noi meritava di essere nutrito e accudito prima di ogni altra cosa e di non aver mai
considerato me una mamma (e una persona) degna della massima attenzione. Per questo quando mi accorgo che sei strano
penso che un po’ sei mio figlio e un po’
sei il risultato della nostra solitudine bambina e di tutto quel dolore di me e di te quando eri bambino,
quello ingoiato e quello mai spiegato, sospeso, quello che hai intravisto in
me, che io intravedo in te. Come un lampo.
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