Lo so che la questione è seria, non si tratta di percezione
errata, il problema esiste, la crisi è reale, eppure i dialoghi tra le persone
diventano ogni giorno più estenuanti e claustrofobici. Si parla solo di soldi.
Di quanto costa questo e quello, di come fare per pagare meno quella cosa e
quell’altra, di Imu, di assicurazioni e di mutui. Non è più crisi, è un pensiero
ossessivo, è paura di vivere trasformata finalmente in qualcosa di concreto,
condivisibile, socialmente accettato. E non risparmia nessuno, neppure chi
proprio dovrebbe stare zitto, e sembra che tutti i pensionati abbiano dato
sangue, reni e tutti gli organi quando lavoravano e tutti i commercianti non
abbiano margini e lavorino per pagare le tasse, tutti i dipendenti siano
sfruttati, derisi e, ovviamente, sottoutilizzati per meriti, capacità e competenze.
Io non dico che non sia vero, potrebbe pure essere, ma non si può lamentarsi sempre. E’ come se
finalmente ogni frustrazione abbia trovato il suo sfogo condiviso. C’è la
crisi; lamento libero. Una cosa però mi
colpisce (e sicuramente è causale e il risultato random poiché trattasi di un
campione non rappresentativo); solo chi dovrebbe non si lamenta.
Susi, hai ragione, c'è tanto lamentio in giro. Tanto lamentio e poca azione. Il poca azione, secondo me, dipende anche dall'accumulo di delusioni del passato (e dall'indolenza che ci contraddistingue in quanto popolo dello stivale). Per esempio, un tempo ero entusiasta di andare a manifestare per i miei diritti. Adesso, lo sono molto meno, quasi nulla, vedo il compromesso per mantenere lo status quo ovunque e allora mi viene lo scoramento. O forse sono solo invecchiata ed è vero che il mondo lo devono cambiare i più giovani, sennò si fa la figura di questi soggetti qui e non è bella anche se rido come una matta ogni volta che rileggo il post (http://www.ildeboscio.com/2012/05/15/occupy-torre-galfa/). Oppure è internet che mi ha rincretinita.
RispondiEliminama no gattina, tu non rincretinirai mai :D
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