giovedì 24 ottobre 2013

Mon bébé

(...)La mia allieva aveva l’intelligenza di un pesce rosso. Ma doveva per forza fare le sue ore di formazione, che in Francia sono un obbligo e avevano mandato me. Io mi sforzavo di rendere le cose facili e interessanti, ma la sua soglia di attenzione non superava mai i 20 secondi. Era sfiancante. Da un certo punto di vista poteva essere pure riposante perché non si andava mai oltre i primi dieci minuti di lezione, ormai da giorni. M.me Ouzillou era nata a Parigi ma la sua famiglia veniva dall’Alsazia e non saprei dire se lei era l’unica stupida della famiglia o fosse una tara genetica. Certo è che non ho mai avuto un’allieva più stupida, così facevo lunghe pause e me ne andavo nel negozio che vendeva bigiotteria da assemblare, una nuova mania che faceva sentire tutti fantasiosi e creativi i cui risultati spesso non erano  lontanamente paragonabili neppure alla bigiotteria cinese che ci tiravano dietro a pacchi e che costava molto, ma molto meno. Io andavo da Matière Première e compravo ciondoli, catene, colle, pinze di cui ora ho dimenticato pure il nascondiglio. Ma in quel momento partecipavo al delirio. Poi tornavo da M.me Ouzillou che preferiva parlarmi di suo figlio, trentenne, con il quale conviveva, ma che ogni giorno immancabilmente all’ora di pranzo sentiva al telefono, per dirsi cose come: “mon bébé, bisou bisou e, alla fine, ciao ciao!”, diceva di essere  come una madre italiana. Quindi io non ero abbastanza madre o abbastanza italiana, perché non sentivo mio figlio tutti i giorni. (...)

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